La proposta di nuovi standard legali globali va precisata con più realismo

 

Di Carlo Pelanda (9-6-2009)

 

Tremonti proporrà nel prossimo summit del G8 la creazione di uno standard legale globale. Tale atto politico è importantissimo perché non ci può essere un funzionante mercato globale senza un’architettura politica che lo sia altrettanto. Ma proprio per questo il tema va gestito con realismo strategico. La rubrica ha la sensazione che la proposta italiana non abbia ancora tale caratteristica. Poiché è ancora in costruzione ritiene utile suggerire alcuni punti di precisazione, scusandosi se questi sono già stati risolti.           

Il “mercato” è un’istituzione, il “capitalismo” un’ideologia. Dalle espressioni recenti non è chiaro se Tremonti voglia regolare il primo o il secondo. Qualora facesse confusione tra i due termini – il neologismo ambiguo “mercatismo” desta sospetti – esporrebbe se stesso e l’Italia ad una figuraccia. Troppo intelligente per farsi imputare di astrazione ideologica punterà alla regolazione del mercato che è un oggetto definito. In tale direzione il tipo di standard va precisato in relazione a chi è il regolatore. Ma ancora prima va individuato il “potere” normante. Il G8 non lo è. Lo sono l’Onu e gli altri organismi internazionali, soggetti ed oggetti di un diritto internazionale già molto strutturato. Pertanto il linguaggio della proposta dovrebbe essere: i governi del G8 si impegnano a spingere nuovi standard legali affinché vengano incorporati nelle istituzioni internazionali di raggio mondiale. Ma i governi del G8 sono per lo più minoranza in tali istituzioni e la proposta così fatta, pur formalmente corretta, equivarrebbe a quella di un convegno. Se si vuole l’incisività bisognerebbe creare un’area, una lega, di nazioni che aderiscono ai nuovi standard. Con l’imperium sufficiente per imporli globalmente. Ma tale imperium è ora del G2 sinoamericano e non del G8. Con la complicazione che è la Cina a ricattare l’America. Ma si potrebbe tentare di convincere l’America a compattarsi con la Ue per darle più forza negoziale contro la Cina, rompendo di fatto il G2. In tale scenario nuovi standard legali di trasparenza, qualità, socialità, ecc., nell’area euroamericana sarebbero un’arma efficace perché alzerebbero i costi di accesso ai mercati occidentali. Per ridurli, la Cina, dipendente dall’export, dovrebbe accettare compromessi di bilanciamento. Giappone e Russia sarebbero incentivati via dissuasione a convergere di più con l’occidente. In sintesi, lo standard legale può essere un’arma dell’occidente a potere cedente per rafforzarsi e contenere quello emergente dell’Asia. Se così, la proposta avrebbe senso strategico. In caso contrario sarebbe un’utopia.                 

Carlo Pelanda